venerdì 19 novembre 2010

Aung San Suu Kyi

Leggi Birmania e pensi a Aung San Suu Kyi. Un nome che racchiude 20 anni di lotta non violenta, in nome dei diritti umani e dell'emancipazione del suo paese, la Birmania. Aung San Suu Kyi vuol dire anche altro: vuol dire arresti domiciliari, libertà negate, elezioni vinte ma ribaltate dall'esercito, non poter assistere il marito negli ultimi giorni di vita ed essere, miracolosamente, uscita incolume da un attentato. Questa è Aung San Suu Kyi. Questa è la Birmania. Fragile all'apparenza, Aung San Suu Kyi, in realtà è forte e tenace come  l'albero di teak che cresce nelle foreste birmane, tanto da meritarsi nel 1991 il Premio Nobel per la Pace. 

La cosa grandiosa di questa donna, è che non sono bastati 20 anni di soprusi alla sua libertà, per estinguere la voglia di cambiare il suo paese e il suo impegno sociale; tanto da non serbare rancore verso il regime birmano: "Non serbo alcun rancore verso coloro che mi hanno tenuta prigioniera: i poliziotti mi hanno trattato bene e spero facciano altrettanto con il popolo birmano." 

I suoi mantra, in tutti questi anni di reclusione, sono stati i diritti dell'uomo e le regole del diritto; valori che l'hanno sostenuta e che ha ripreso appena rilasciata. Una storia incredibile, fondata sulla tenacia e sulla forza delle idee. Idee e valori occultate dal regime birmano, il quale ha capito con 20 anni di ritardo l'impossibilità di contenere e controllare la forza dei principi, dei valori e delle idee.

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